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ABRUZZO - LA LEGGENDA DELLA DEA MAJA E DI SUO FIGLIO ERMES

Aggiornamento: 5 ott 2022


Le due vette più alte dell'Appennino si trovano in Abruzzo, una sul Gran Sasso e l'altra sulla Maiella (o Majella): il Corno Grande e il Monte Amaro. Le due montagne che dominano il panorama della regione sono molto diverse tra loro: il Gran Sasso è impervio e spigoloso, Sua Maestà lo chiamano, o il Gigante che dorme; mentre la Majella è più morbida anche nell’aspetto tanto da meritare il soprannome di Bella addormentata. Io li chiamo il forte e la gentile, perché sembra quasi che la natura delinei il carattere degli abruzzesi, forti e gentili appunto.

Questi soprannomi però non nascono solo dall'aspetto delle due montagne, bensì racchiudono una storia antica, una leggenda che risale alla mitologia greca e che gli abruzzesi riconoscono come origine di queste terre.

Le leggende però, si sa, viaggiano come il gioco del filo del telefono, e nel tempo assumono diverse versioni. In questo caso, abbiamo una versione più diffusa, direi ufficiale, e facile da trovare; e una versione più radicata nella memoria popolare, e meno rintracciabile. Tutte però coincidono nei personaggi protagonisti: la dea Maja e il figlio Ermes.


Presentazione dei protagonisti


La dea Maja era la più grande delle sette sorelle Pleiadi… va beh, era una dea molto bella e veniva venerata come dea del fuoco e della passione, ma anche come dea della natura e della fertilità. Il suo nome è legato al significato di madre e nutrice.


Il dio Ermes era il figlio di Maja. Nacque dall’unione della dea con Zeus e il suo nome è legato al significato (tra i vari) di cumulo di pietre e venerato come protettore dei viaggi e dei viaggiatori (oltre ad altre cose). Era il messaggero dell’Olimpo per la sua velocità, e l’esecutore delle volontà di Zeus.

 

LA LEGGENDA UFFICIALE (in breve)

La leggenda più diffusa narra di una madre, Maja, che per salvare il figlio dalla morte, Ermes, giunge sulla montagna del Gran Sasso custode di erbe miracolose ma essendo inverno, quindi ricoperto di neve, non riuscì a trovare le erbe e a salvare quindi la vita del figlio. Così, Maja seppellì il figlio su quella montagna che, da allora, assunse l’aspetto di un viso dormiente; poi, distrutta dal dolore, errò per le montagne, fino a che, straziata, giacque sul Monte Amaro, che da allora assunse le sembianze di una donna riversa su se stessa, che guarda verso il mare, ossia da dove giunse nel tentativo di salvare il figlio.

 

LA LEGGENDA POPOLARE

C’è un’altra leggenda, però, che corre parallela e leggermente più articolata. Di questa leggenda esistono due versioni. Ma andiamo per gradi, per non fare confusione.

Nella presentazione dei personaggi è stato nominato il dio Zeus. Notoriamente Zeus era un fedifrago seriale. Il dio, infatti, era legittimamente unito alla dea Era, dea della fedeltà e del matrimonio (per ironia degli antichi greci), ma veniva continuamente meno al patto di fedeltà, provocando puntualmente la gelosia della povera Era. Delle gesta compiute dalla gelosia irosa della dea Era contro le tante concubine del marito sono piene le enciclopedie, perciò non sembra così improbabile quello che sto per raccontarvi.


Versione 1: Una versione di questa leggenda vede coinvolti altri due personaggi: Io e Argo. Io era una delle tante concubine di Zeus scoperte dalla moglie. Argo era il gigante a cui Era affidò la custodia di Io per allontanarla da Zeus. Ebbene Zeus, saputo il fatto, mandò Ermes -figlio di Maja- a uccidere Argo -il gigante- e liberare quindi Io -l'amante-.

A questo punto Era, mossa dall’ardore vendicativo, trasforma Ermes (figlio illegittimo di Zeus tra l’altro) nel Gigante che dorme per l’eternità (il Gran Sasso quindi). Maja, straziata dalla punizione inflitta al figlio, non si dava pace. Zeus, allora, mosso a compassione verso la sua concubina di una notte, decise di trasformare anche la dea Maja in roccia, per concederle la consolazione di poter vegliare sul figlio, per sempre (la Bella addormentata).


Versione 2: Un’altra versione, invece, si collega ad un’altra vicenda legata sempre ai frutti delle passioni extraconiugali del marito birichino di Era, per la precisione a quella di Callisto. Callisto era una ninfa seguace di Artemide (un’altra figlia illegittima di Zeus, identificata successivamente dai romani nella dea Diana) e fu ingannevolmente sedotta da Zeus. Da questa inganno nacque Arcade. Ora, una delle tante versioni vuole che sia stata Era, mossa dalla gelosia come ben sappiamo, a trasformare Callisto in orsa, appena questa diede alla luce l’ennesimo figlio illegittimo di Zeus. Zeus, allora, avrebbe affidato le cure del piccolo Arcade alla dea Maja (ricordate? All’inizio abbiamo detto che il nome Maja è legato al significato di nutrice).

Ma Era, irritata dalle doti risolutive del marito fedifrago alle sue punizioni del tutto legittime, colpisce il figlio di Maja, Ermes, trasformandolo nel Gigante che dorme e condannandolo al sonno eterno. Il finale qui si ripete come nell’altra versione: Zeus, impietosito dal dolore straziante della povera Maja, decide di trasformarla in roccia per permetterle di vegliare su suo figlio in eterno.

 

Non è dato stabilire quale leggenda nacque prima, quale sia più veritiera o quale la più credibile. In ogni caso Zeus ed Era ne hanno combinate di tutti i colori, anche se a pagarne le conseguenze erano sempre gli altri. Altrettanto indiscutibile è che la Majella è la Madre e il Gran Sasso il Figlio, e su questo non si tosce!



Piccola precisazione: Maja può scriversi anche Maia, con la “i” latina. Ho scelto di scriverlo con la “j” solo perché fa più "leggenda", e comunque è corretto in entrambi i modi!


Fonti: cultura popolare locale (terre montonesi)

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